Poco più di due settimane. Poi sarà Quaresima. Molfetta tramada da secoli la sua eredità comunitaria

Poco più di due settimane. Poi sarà Quaresima. Molfetta tramada...

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Il silenzio, la luce dei lumini e il portale della Chiesa del Purgatorio che si apre per fare spazio alla Croce, portata in processione dai confratelli dell’Arciconfraternita della Morte la cui fondazione risalirebbe ai primi anni del 1600.
Ecco, comincia così, a mezzanotte, la Quaresima a Molfetta. Uno dei momenti più intensi della comunità locale. Un periodo che racchiude un mix perfetto di religiosità popolare, folclore, fede, tradizione, devozione. E’ proprio l’Arciconfraternita della Morte ad aprire la Quaresima, il mercoledì delle Ceneri, con la processione della Croce, e a chiudere la Quaresima, con la processione della Pietà, il sabato che precede la Pasqua.
La Croce portata in processione è la stessa che aprirà i cortei processionali dell’Addolorata e della Pietà.

A mezzanotte in punto (un quarto d’ora prima la pubblica illuminazione viene spenta) la Croce viene portata fuori dalla Chiesa del Purgatorio.
Sosta sul sagrato della Chiesa, mentre la campana batte il primo di trentatre rintocchi, seguita dalla campana della Cattedrale e da quella di altre chiese di Molfetta.
Per tutta la durata dei rintocchi la Croce resta ferma e viene illuminata solo dai lumini. Dopo il Ti-Tè, una musica che rappresenta le processioni a Molfetta, la Croce viene issata e comincia la processione che si scioglierà sulla scalinata del Calvario, quando è ancora notte fonda, come ricorda Orazio Panunzio in un suo scritto e come è ancora oggi. E, ogni anno si rinnova una tradizione

E’ la pietà popolare, la religiosità che profuma di popolo l’elemento caratterizzante dei riti della Passione che, a Molfetta, si consuma, in modo preponderante, per strada, con le processioni che coinvolgono migliaia di persone ogni anno, da decenni. La città torna indietro nel tempo. I rumori del traffico vengono sostituiti dal suono delle marce funebri e dalle preghiere.
La religiosità popolare è esternata con gesti concreti. Ed è attorno a questi riti che si ritrova, forte, il senso di comunità.

La Processione della Croce accompagna Molfetta nel periodo quaresimale che troverà il suo culmine nei riti della Settimana di Passione, prima, e della Settimana Santa, poi.
La prima delle Processioni, nel venerdì che precede la Domenica delle Palme, è quella dell’Addolorata, che attraversa le vie cittadine, accompagnata dai confratelli della Morte. Apre, di fatto la strada ai riti della Settimana Santa, quella che precede la Pasqua, caratterizzata da due processioni, quella dei Misteri, e quella della Pietà.

La Processione dei Misteri, organizzata dall'Arciconfraternita di Santo Stefano dal Sacco Rosso, le cui prime tracce risalgono alla prima metà del secolo XV, il venerdì Santo, è la più antica.
I confratelli portano in spalla cinque statue in legno che rappresentano i Misteri dolorosi: Cristo nell’Orto degli Ulivi, Della Flagellazione, l’Ecce Homo, il Cristo al Calvario e il Cristo Morto. Le insegne sono il sacco rosso con cappuccio dello stesso colore, cingolo e guanti marroni. Tutti i confratelli, sotto il sacco, indossano un abito con cravatta di colore scuro e camicia bianca. Oltre ad organizzare attività di culto, che trovano il loro apice nella processione dei Cinque Misteri, l’Arciconfraternita ha mostrato nel tempo un importante impegno caritativo attraverso l'Opera Bontà di Santo Stefano.

La Processione della Pietà è curata dell'Arciconfraternita della Morte dal Sacco Nero. Della confraternita, un tempo, potevano far parte solo esponenti di alcuni ceti. L’Arciconfraternita oggi, oltre che da professionisti, dottori e impiegati, è composta da artigiani, operai, commercianti, marinai, contadini.

Le statue della Processione del Sabato Santo, sono portate in spalla dai componenti delle Confraternite di dell’Assunta (camice bianco, mozzetta con fiorellini rossi), della Madonna del Carmine (camice bianco, mozzetta viola) dalla confraternita della Purificazione (camice bianco, mozzetta gialla), della Madonna di Loreto (camice bianco, mozzetta nera), dell’Immacolata (camice bianco, mozzetta celeste) e di Sant’Antonio (camice bianco, mozzetta bianca), oltre che delle arciconfraternite del Sacco nero e del Sacco Rosso.
Sono in cartapesta e sono state realizzate dallo scultore Giulio Cozzoli.

E, a fare da sottofondo ci sono le marce funebri che accompagnano le processioni e le emozioni dei molfettesi per tutto il periodo quaresimale. Ne vengono eseguite di bellissime. Un esempio per tutti è “U' conzasigge”, composta nel 1857 da Vincenzo Valente, ed eseguita durante la processione notturna del Cristo morto. Altrettanto bella è “Dolor” attribuita a Saverio Calò, composta nel 1897, che viene eseguita quando la statua della Pietà lascia la Chiesa del Purgatorio il sabato Santo. E poi c’è lo Stabat Mater di Gioacchino Rossini, La Marcia del Palmieri e il Ti tè, di autore ignoto.

«Riti antichissimi che – spiega il Sindaco, Tommaso Minervini - richiamano emozioni ancestrali nei molfettesi ovunque si trovino nel mondo perché ti ricordano il volto del nonno o di tuo padre che, con orgoglio, ti iscriveva alla congregazione di appartenenza e tu bambino lo seguivi; perché ti ricorda il volto della nonna o di tua madre che ti portava all'uscita o alla ritirata o in quel preciso punto dove sempre a quell'ora passava il Cristo, la Madonna o i Santi; perché ti ricorda l'incontro con i tuoi cugini che non vedevi spesso o lo zio che sbarcava o tornava dall'America o il fratello grande dalla Germania o da Milano per i riti della Pasqua. Costituiscono ormai il liquido amniotico della città di Molfetta, tramandate di generazione in generazione.
Sono il DNA della memoria collettiva che – continua - non vogliamo sfumare. Anzi, in un momento storico sociologico e anche di fede, che declina sempre più verso il materialismo individuale, dobbiamo essere grati a quegli uomini "fissati" perché grazie a loro arrivano, ancora oggi, a tutti intatti i riti e con loro le emozioni ancestrali della nostra Pasqua Molfettese».
Più volte al sindaco Minervini sono giunte richieste per dichiarare tutto questo patrimonio immateriale della comunità di Molfetta.

«L'impegno assunto pubblicamente da qualche anno - conclude il Sindaco - sarà realizzato in piena sintonia col nostro Vescovo. Perche l'identità comunitaria è una sola, tramandata, documentano gli atti, dal 1600 ad oggi e noi dobbiamo custodirla per tramandarla alle generazioni future, ut unum sint».

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