Ventinove anni fa l’uccisione di Gianni Carnicella. Il Sindaco Minervini: Gianni fu ucciso anche perché fu lasciato solo

Ventinove anni fa l’uccisione di Gianni Carnicella. Il Sindaco Minervin...

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«E’ giusta e doverosa la riflessione che, annualmente, facciamo. E non per una stanca liturgia dovuta perché necessario». E’ con queste parole che il Sindaco, Tommaso Minervini, ha aperto il suo intervento alla cerimonia di commemorazione di Gianni Carnicella, il Sindaco ucciso 29 anni fa.

«Gianni al discorso di insediamento disse “Voglio rappresentare il prestigio sostanziale dell’ente con le opere non con il clamore”, e – ha continuato Minervini, fermo, nel punto esatto in cui Carnciella si accasciò attinto da un colpo di fucile a canne mozze - in quel prestigio sostanziale c’era tutta una cultura che spesso oggi dimentichiamo o strumentalizziamo. Gianni fu ucciso anche perché fu lasciato solo».

E ancora. «Quest’anno – ha aggiunto il Primo cittadino - ancor più c’è una profonda riflessione che non può essere strumentalizzazione, ma riflessione profonda, intima, individuale e collettiva dell’insegnamento e di un comportamento che ha portato all’uccisione di Carnciella, sia da parte di chi rappresentava la città in quel momento, sia dalla parte di quel substrato della città che provocò quell’omicidio.
Questa del 29esimo anno è una riflessione che mi sento di fare e affido alle coscienze di ciascuno di voi e dell’intera città. Una riflessione sincera, senza strumentalizzazione, senza il clamore così come Gianni avrebbe voluto».

«E’ un anno particolare e – ha concluso Minervini - credo che ancor di più quest’anno dobbiamo tutti, a partire da me, fare delle riflessioni profonde su cosa significa servire una città con gli atti, senza clamore, nel silenzio e nella consapevolezza delle proprie coscienze. Ma oltre alle coscienze individuali deve nascere e maturare una coscienza collettiva che non può essere di odio perché l’odio genera altro odio».

Alla commemorazione ha presenziato don Pasquale Rubini. «Le istituzioni giuste – ha sottolineato - le facciamo noi, con la nostra presenza. Bisogna ritornare a pensare alla dignità della persona. Oggi si parla tanto di diritti ma forse dovremmo cominciare a parlare anche di doveri
Considerare la persona come un essere individuale e sociale, capace di creare cultura e di essere aperto alla costruzione di qualcosa di bello per il futuro. Oggi abbiamo una sorta di pigrizia nel pensare non solo alla cultura ma anche ad una idea di bene pubblico. E non c’è bene pubblico – ha concluso don Pasquale Rubini - se non c’è rispetto per le persone».

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