Le Torri di Molfetta

Le Torri di Molfetta

Descrizione

Chiusa della torre

Itinerario:Percorrendo la SS 16 verso Bisceglie, si gira a sinistra verso la zona artigianale proseguendo per Corato. Dopo circa 2 km si arriva ad un quadrivio, da cui girando a destra si raggiunge la torre. 

Descrizione:Attualmente il vasto complesso consta di un fabbricato semidiroccato a due piani disposti ad angolo retto diretti a ponente e a settentrione ed è cinto da un alto muro con portali ad arco bugnato sorretto da un'edicola in pietra scolpita, che riproduceva la Madonna dei Martiri. Un affrescoa piano terreno raffigura un frate che spezzava i pani; ciò fa supporre che la torre dovette accogliere un cenobio di frati; l'ipotesi è convalidata dal fatto che ancora oggi c'è un ampio giardino con alberi da frutt sul lato di ponente. Ai vani superiori si accede per mezzo di una scala esterna al fabbricato della torre sorretta da un semi arco e sormontata dalle saettiere. Poichè le saettiere sono due e diverse fra loro, si pensa che anticamente la torre abbia avuto un altro ingresso. 

Notizie storiche:Il nome deriva dal fatto che si trova tra una "chiusa" naturale con rilievi circostanti; fu anche denominata "Turris Fulcata" dopodichè nell'848 in quel luogo furono issate delle forche da parte dei Bizantini per amministrare la giustizia (furono impiccati centinaia di prigionieri di terra di Bari). E' una delle torri più antiche e fu sede del Catapano; subì le incursioni saracene fra il 980 e il 996. 

Torre il  Casale

Itinerario:Percorrendo l'itinerario di Chiusa della torre si prosegue fino ad una edicola votiva. Qui da un vialetto si raggiunge un'altura su cui è ubicata la masseria.

Descrizione:Sul lato di ingresso il complesso è chiuso da un giardino murato, e all'interno del giardino vi è un pronao con 5 archi in stile neoclassico. La porta interna al giardino reca la data del 1719 verso nord ci sono due antichissimi abbeveratoi in pietra, uno rettangolare, l'altro circolare. Il fabbricato ha pianta rettangolare ed è sviluppato su due piani per un'altezza di 8 m. Al pianerottolo vi sono 5 stanze ben illuminate e, nel vano centrale vi è il camino e il pozzo dell'acqua piovana. In questa stanza una scala conduce al piano superiore, pericolante e con diversi affacci esterni chiusi. Il sentiero che introduce al casale è caratterizzato dalla presenza di un'edicola sacra della stessa epoca. 

Notizie storiche: La costruzione viene chiamata "Villa Pansini" o "Casale Descigghie" (soprannome dei Pansini) o semplicemente "Il Casale". Il complesso, sorge su un luogo dove anticamente il casale di San Primo; di quest ultimo sono rimaste le fondamenta sulle sue rovine fu fabbricato l'attuale complesso verso la fine del 600. Tutto intorno al Casale infatti vi sono grandi " specchie" circolari elevate per liberare il terreno dalle macerie. 

 

Madonna della Rosa

Itinerario:Dalla strada provinciale per Bitonto, dopo circa 1 km dal centro abitato si arriva ad uno spiazzo dove, sulla destra è ubicata la chiesa - torre "Madonna della Rosa". 

Descrizione:Antiche leggende narrano che un ricco signore di Bitonto, assalito in quel luogo da briganti, riuscì a salvarsi per opera del prodigioso intervento della Madonna apparsa in un roseto. In segno di riconoscimento fece erigere in quel luogo la chiesetta obbligandosi alle spese del culto. Antica tradizione era festeggiare la festa della Madonna della Rosa con una sagra campestre e la celebrazione di una messa il martedì dopo Pasqua. Dopo il 1960 la festa fu anticipata al lunedì di Pasquetta. 

Notizie storiche:Al piano terra c'è la chiesetta che presenta sulla parete dietro l'altare un affresco raffigurante la Madonna della Rosa. Nel 1932 questo affresco subì una restaurazione che ne modificò l'aspetto. L'ingresso della chiesetta è quello principale, su questo c'è una nicchia con l'immagine della Madonna e l'epigrafe "Rosa Mistica - Ora pro nobis". L'accesso della torre è a sinistra; il primo piano, con volta a botte, è a sei vani. Dal secondo piano attraverso una scala in legno, si accede al tetto su cui, sul lato sinistro, vi è un caratteristico campaniletto a vela. 

 

Torre Calderina

Itinerario:Percorrendo la SS 16 verso Bisceglie dopo circo 3 km dal centro abitato, si gira a destra per una strada rurale che scende verso la spiaggia; sulla destra dopo 800 m circa si raggiunge la torre. 

Descrizione:La torre poggia su un leggero promontorio sul mare. Ha la base quadrata e struttura troncopiramidale, con tre saettiere per lato sul parapetto sporgente; su quest ultimofurono costruiti, in epoca successiva, alcune stanze. All'edificio si accede attraverso una scala in muratura, oggi diroccata. L'interno ha solo un vano, illuminato da due finestre poste una a levante a l'altra a ponente; vi è pure una cisterna sotterranea; per mezzo di scale in legno si accede al terrazzo. 

Notizie storiche:Il nome deriva dall'architetto che la costruì: Salvatore Calderini, viene anche denominata erroneamente " della Cera ". Durante il periodo della dominazione Borbonica fu utilizzata come posto di vigilanza per la Guardia di Finanza per stroncare il contrabbando. Nel corso della I Guerra Mondiale fu adibita a semaforo e nella II servì come difesa costiera con due postazioni per mitragliatrici. 

Torre Cappavecchia

itnerario:Percorrendo la statale per Terlizzi si gira a sinistra all'altezza del Preventorio e dopo circa 1 km vi è una strada asfaltata che porta alla torre. 

Descrizione:Il nome ha origini antiche e leggendarie: in seguito alle persecuzioni del XVI secolo, molti ricchi ebrei si rifugiarono nel territorio preferendo le torri di vedetta come le più sicure da ogni assalto, ma in una incursione quelli rifugiatisi a Cappavecchia furono trucidati. La leggenda popolare vuole che un contadino abbia trovato nei pressi della torre una cassa di ferro nascosta dagli ebrei ( forse sotto un carrubo ). Apertala, vi trovò una vecchia cappa contenente un tesoro. Arrichitosi, il contadino avrebbe comprato quel fondo e chiamato la torre " Cappavecchia " in ricordo del tesoro. La torre, caratteristica per l'edera che ne riveste in gran parte la facciata principale, è stata recentemente ristrutturata da un privato che ne ha conservato la struttura originaria. E' illuminata da piccole monofore lunghe e strette, una per ogni piano. Sul tetto vi è una caratteristica colombaia. 

Notizie storiche:La torre, appartenente ad Elisabetta Cozzoli, fu venduta nel 1829dalla stessa a Graziano Poli che la rivendette a Carelli Sergio di Giuseppe nel 1957. Attualmente è proprietà di Vito Enzo de Nichilo. 

 

Torre Cascione

Itinerario:L'itinerario per la torre è lo stesso di torre Cicaloria, poichè trovasi a circa un centinaio di metri a sinistra. Si accede dalla Madonna della Rosa e, giunti al bivio, prendere la destra, che porta alla torre del mino. Da molfetta dista circa 6 km e trovasi a circa 130m sul mare; la strada è bitumata e ben tenuta, allietata dalla vista di numerose civettuole casine, oasi di pace, di ozi e di meditazioni,nidi d'intimità familiare. Descrizione:Torre Cascione è alta circa 8 m, è quadrata con conci appena sbozzati alla maniera antica, senza intonaco, priva di cornicioni alla sommità, ma severa nell'insieme. Sul lato di levante sono visibili due robusti gattoni in pietra che dovevano reggere una saettiera, perpendicolare alla porta d'ingresso, che ora trovasi verso mezzogiorno. La costruzione è a due piani e al secondo si accedeva per mezzo di scale retrattili e di botole; ogni lato ha un affaccio e al piano terra notasi un grande focolare pugliese, che domina l'ambiente. La cappa piramidale rettangolare è sorretta da due gattoni sporti in fuori ed è cinta ai lati da sedili in pietra per le notti fredde. Il locale è annerito dal fumo e dal tempo, disseminato di attrezzi rurali e da legna da ardere. 

Notizie storiche:Cascione ricorda in dialetto le grandi cassapanche, ove i nostri avi deponevano i coredi delle spose o altre masserizie; oppure l'aquilone che ruba il filo dalle mani dei fanciulli. Il mone ha due versioni accettabili: la prima deriva da una leggenda, la quale vuole che nel secolo XIV gli Ebrei, perseguitati dagli Angioini, avessero sotterrato colà un tesoro in una grossa cassa, trovata poi nel secolo XVII. Torre Cascione, la Cicaloria e la Sgammirra costituivano l'avanguardia fortificata del Mino a sud del nostro territorio. I nostri antenati avevano spiccato senso di difesa e perciò tutto l'agro è disseminato di torri di vedette per l'avvistamento delle incursioni piratesche e avevano organizzato la difesa fluida, come ssuol dirsi oggi, comunicando fra loro per mezzo di fuochi. Questo sistema doveva essere esteso a tutto il territorio nazionale stando alla descrizione che ci fa Dante, avvicinandosi alla città di Dite. Torre Cascione nel secolo XV fu coinvolta nella guerra fra Angioini e Aragonesi per il possesso della Puglia. La regina Giovanna I d'Angiò, facendo sgozzare il marito Andrea d'Ungeria nel castello di Anversa, provocò la guerra in Puglia, commettendo nefandi delitti a Barletta, ad Andria, a Molfetta e a Giovinazzo. Il famigerato Pipino, forte di 500 partigiani, assalì Molfetta e la conquistò con un tranello unitamente alle inermi popolazioni, le quali spaventate, si rifugiarono nelle torri. Gli Aragonesi, forti sul mare, facevano buona guardia, mentre gli Angioini raggiungevano Bari dalla parte di terra. Molti dei nostri casali, specie quelli sul lato di ponente, furono sopraffatti e gli assalitori si diressero verso quelli di mezzogiorno. Le torri più colpite furono Sgammirra, Cicaloria e Cascione, che conobbero la ferocia delle truppe angioine in ritirata verso Bari. Torre Cascione, trovatosi in luogo avvalato, subì maggiomente lìira nemica. Per tre secoli consecutivi fummo preda delle feroci incursioni piratesche sarracene, uscocche, magiare e turche fino al Cinquecento, quando il dominio spagnolo assicurò una tranquillità relativa. 

Torre Cicaloria

Itinerario:Si va alla torre Cicaloria da via Madonna della Rosa; la strada a destra del bivio, quella del Mino, porta alla torre.A sinistra, vi è la stradetta (o entica) di San Gregorio, ove c'era una chiesetta scomparsa da secoli. Proseguendo, a destra c'è la strada della Lama Martina e sopra, a sinistra quella "de Clesciedde", che si riallaccia a quella per Bitonto. Dopo pochi chilometri, dopo la località di "Cimalda" vi è un varco che porta a Torre Cicaloria, distante dalla città`6 km, nell'interno di un folto uliveto. 

Descrizione:È alta circa 20 metri, a forma quadrata, molto imponente nella sua mole; col tempo fu intonacata e tinteggiata di rosa, facendole perdere quel senso di austerità, che tanto le si addiceva. La costruzione è a tre piani con l'accesso a levante; in alto sono ancora visibili due robusti gattoni in pietra che dovevano reggere una saettiera, come nelle altre torri coeve. Per ogni lato si affacciano due finestre e la sommità è priva di cornicione. È chiaro che nel tempo le fu aggiunto un corpo avanzato al piano terra. La presenza dei gattoni in alto fa pensare che l'accesso doveva essere lo stesso da levante, ma perpendicolare alla saettiera. Dal tetto lo sguardo spazia fino al mare, a Bari, a Trani e Ruvo. 

Notizie storiche: Nell'insieme la costruzione si appalesa del XIV secolo sia per la mole che per la fattura e ancor più per la sua funzione di scorta e difesa. Sorge a circa 150 m. sul livello del mare, poco distante da torre Sgamirra e da quella di Cascione, che le è quasi di fronte. E la sua storia è simile a quella della predetta. Le azioni si svolgono nel secolo, in cui la lotta delle fazioni era fomentata dalla guerra fra Aragonesi e Angioini per la conquista del regno di Napoli. Gli Angioini preferirono raggiungere Bari per via terra, addentrandosi nel nostro territorio. le truppe di questi devastarono Torre Sgamirra, Torre Cicaloria e Cascione. La popolazione restò passiva ed ebbe la peggio. Eppure avrebbe potuto difendersi avendo dei caposaldi di difesa: Torre Mino è la più avanzata in alto, integrata da Cappavecchia, Falcone, Villotta a mezzogiorno; da Sgamirra, Cicaloria e Cascione a ponente; da torre Moscarda, ora distrutta, e da torre Arsa a levante. Circa l'origine del nome, pare che potrebbe derivare da una famiglia estinta oppure è probabile che la Torre cicaloria abbia preso tale denominazione per il gran numero di cicale ivi trasferitesi. 

 

Claps San Martino

Itinerario:Percorrendo la strada ss 16 verso Bisceglie, dopo il Santuario della Madonna dei Martiri, si imbocca la strada per Corato. Superato la svincolo della stessa SS bis, si gira a destra per la strada che costeggia la SS bis; dopo circa 1 km, un piccolo vialetto a sinistra porta alla torre. 

Descrizione:Un edificio più alto semicrollato nella parte superiore, un alto muro di cinta con giardino e la parte absidale di una chiesetta formano il complesso noto come San Martino. Una porticina immett in un vasto cortile: sulla sinistra i resti di una chiesetta dedicata a San Martino. La chiesetta, ad unica navata, ha sviluppo lungo l'asse Est Ovest.

Notizie storiche:Il nome deriva dal casato dei Claps cui apparteneva la torre e dal nome della chiesetta adiacente ( San Martino). 

 

Torre del Capitano

Itinerario:Percorrendo la via Molfetta-Ruvo, si gira a destra arrivati alla sottostazione dell'Enel ed al successivo quadrivio si gira a sinistra. Si prosegue fino ad incontrare lo slargo della piscina "Stammita" e si gira a destra; arrivati ad una edicola si prende la strada per Molfetta-Corato dopo 300m a sinistra si giunge alla torre. 

Descrizione:I Bizantini che la costruirono la destinarono a sede del Capitanio, che dipendeva dal Catapano di Bari e aveva la giurisdizione su tutte le torri di Molfetta. Sorge a ridosso dell'autostrada Bari-Napoli e può ritenersi la prima torre-vedetta costruita nel nostro territorio; è tra le più importanti sia per la sua antichità che per la funzione che ebbe nel corso della storia. Il tipo di costruzione, con pietre rozze e appena sbozzate, ne attesta l'antichità. Maestosa e severa nell'insieme, è illuminata in ogni piano da piccole monofore rettangolari. A piano terra vi è un antico focolare e sul tetto, in corrispondenza della saettiera, un antico argano che doveva servore per tirare contemporaneamente tutte le scali retrattili in caso di assalto. Si pensa che in passato fosse circondata da un fossato ( ora ricoperto dal terreno ) che veniva riempito d'acqua in caso d'allarme. 

Notizie storiche:Si narra che questo nome derivasse dal fatto che intorno alla seconda metà del XVIII sec., la torre fosse stata acquistata dal capitano Vincenzo Brayda. Attualmente la torre è proprietà della Piccola Missione dei sordomuti dal 1960. 

 

Torre del Gallo

Itinerario:Percorrendo la statale per Terlizzi, si svolta verso sinistra all'altezza dell'autostrada A14 proseguendo fino ad un incrocio. Poi si gira verso sinistra e, trovato un altro incrocio, a destra; dopo 200m si trova la torre. 

Descrizione:La tradizione vuole che un gallo cantasse durante le incursioni notturne dei pirati dando tempo ai villici di approntare la difesa. Questa torre infatti serviva di scolta avanzata per i vicini casali di Santa Lucia e Torre Villotta. L'ingresso è sopraelevato di 1 m. forse per resistere meglio ai colpi dell'ariete. Una finestra con arco falcato è murata e sul prospetto vi è solo un finestrino. Dal 1734 al 1805 fu meta preferita dell'archeologo ed erudito Ciro Saverio Minervini che spesso s'incontrava con l'arciprete Giovine propietario di Torre Falcone. E' una delle più antiche. 

Notizie storiche:L'attuale Torre del Gallo, nel XVI sec., era proprietà di un certo Rocco de la Sparatella, in seguito posseso del sac. Ciro Saverio Minervini. Ora la Torre del Gallo è intestata a Panunzio Giuseppe. 

 

Torre del Pettine Azzollini

Itinerario:Percorrendo la strada provinciale per Ruvo, giunti alla sottostazione dell'ENEL, si gira a destra per la strada "Parieti Nuove" fino ad arrivare ad un quadrivio; da qui si gira a sinistra per la strada Fondo Favale. Dopo aver superato l'autostrada Bari-Canosa, prosegiure per 2 km circa; da un vialetto a detsra si raggiungono due chiesette, poi una casina. Percorrendo questo viottolo dietro la casina, a destra, si incontra una stradina che porta alla torre. 

Descrizione:La sua struttura ricorda quella di una casetta fortificata; il prospetto presenta un ampio ingresso ad arco ed una finestra sormontata da una trabeazione concava. Al piano superiore si accede per mezzo di una porticina posta a levante e da qui si raggiunge il tetto attraverso una scala pericolante. Sul lato detsro di questo vano è situato un cucinino con due fornacette e una botola con scantinato che serviva come deposito di vino e vivande. Proseguendo oltre, si entra in un secondo vano diviso in due alcove e ad un terzo vano, illuminato da una finestra.
Lungo il percorso prima della torre si trovano due chiesette a breve distanza tra loro, nella zona denominata "Vascarriedde". La prima del 1733, dedicata a San Salvatore, ha la facciata sormontata da un cornicione e da un campanilatto a vela e la volta a spiovente, a scandole che ricorda le cupole del Duomo. La seconda chiesetta simile alla prima, presenta sull'architrave lo stemma della famiglia Manda e l'epigrafe: "qui non si gode asilo, - 1807", per non illudere i perseguitati della giustizia che cercavano rifugio nelle chiese. 

Notizie storiche:Il nome deriva dalle "pedine"che i pirati, sbarcati alla cala San Giacomo lasciavano lungo il percorso dopo aver saccheggiato Ruvo e dal fatto che, dopo i Passari, passò agli Azzollini. Durante la peste del 600, il colera del 1886 e del 1910 e le due guerre Mondiali, molte femiglie si ripararono in questa e nelle casine adiacenti per sottrarsi alle epidemie ed alle offese belliche. 

 

Torre del Tuono

Itinerario:Percorrendo la via di Bitonto dopo circa 7,5 km si intravede sulla sinistra la torre che si raggiunge attraverso un vialetto. Descrizione:L'edificio si mostra imponente per la mole nonostante sia semicrollato. Comprende un casale, una torre con campaniletto a vela, una chiesetta del 1607, un alto muro di cinta e, nelle vicinanze, tre costruzioni ad archi che ricordano palmenti e stalle. Il fabbricato è composto da innumerevoli stanze di cui una con focolare e una con pozzo. 

Notizie storiche:Il nome sembra derivare dal fatto che durante una tempesta, il 17.02.1678, sia stata distrutta da un fulmine. La torre fu fabbricata dalla nobile famiglia Sagarriga - Visconti come testimonia una scritta sul portale. Pare che qui si siano riparati gli austriaci durante la guerra contro la Spagna per la successione del regno di Napoli. 

 

Eremo Pezzasapone

Itinerario:Percorrere la via di Bisceglie, imboccare, sulla sinistra, contrada Padula, quindi Isabella Maura e Chiusovetrana; nei pressi della SS 16 bis si intravederà la torre. 

Descrizione:Si accede atraverso una porticina e, a piano terra vi è un antico focolare; una scala a tre rampe conduce al piano superiore (l'antico dormitorio) che ha 4 finestre con sedili a muro (una per lato) e una loggetta situata sulla parte posteriore. 

Notizie storiche:Il nome deriva dal fatto che fosse abitata da un frate che vi preparava il sapone con le olive, la cenere dei malli delle mandorle ed erbe profumate. Infatti i contadini chiamano quella zona "Pezzasapone". 

 

 

Torre Falcone

Itinerario:Percorrendo la via per Torre Del Gallo, sorpassando l'autostrada A14, si gira a destra all'altezza di un quadrivio; dopo 300m è situata Torre Falcone. 

Descrizione: Fu costruita dalla nobile famiglia Falconi che in seguito si trasferì a Bisceglie dove eresse la chiesa di S. Margherita, monumento nazionale. Nel '700 passò alla famiglia Giovene; l'arciprete Giuseppe Maria vi passava la maggior parte dell'anno scrivendo le opere che gli procurarono tanta fama. La costruzione, situata al centro di un giardino cintato, è imponente sia per la mole che per l'aspetto, ed è resa più gradevole da un bel cornicione sorretto da gattoni. A piano terra vi è un focolare con due robuste mensole sporgenti che sorreggono la cappa, che raggiunge la volta. Intorno ad essa vi è una mensola per le suppellettili da cucina e ai lati due poggiuoli a mano. 

Notizie storiche:L'attuale sua denominazione, "Falcone", deriva dal fatto che suo proprietario, tra il 1561 e il 1572, fu un certo Nicola Maria de Falconibus. Attualmente la torre è in possesso degli eredi di Mauro Minervini che l'acquistò nel 1921 da Giuseppe Marinelli Giovene. 

Torre Gavetone

Itinerario:Percorrendo via Giovinazzo dopo circa 3 km, si intravedono sul lato sinistro le rovine dell'antica torre. 

Descrizione:Poichè l' edificio attuale non presenta testimonianze della sua prima funzione di torre vedetta, si pensa che questa costruzione non è quella originale, ma solo una ricostruzione. Probabilmente la vera torre è quella costruzione del X sec. semicrollata a base circolare che è situata a pochi metri di distanza. Tra i ruderi è possibile riconoscere tre ingressi, una scala in pietra e quattro arcate interne. 

Notizie storiche:Usata durante la II Guerra Mondiale come deposito bellico, ha un nome sulla cui origine sono state avanzate più ipotesi. Le più accreditate sono due: la prima dal termine dialettale "gavetà" (guardarsi - fare attenzione); la seconda da un episodio risalente al XV sec. quando durante la guerra fra Angioini e Aragonesi un'imbarcazione si arenò sui bassi fondali nei pressi della torre; lì da allora fu sistemato una gavitello di segnalazione detto "gavitone".

 

Torre l'Alfiere

Itinerario:Dalla strada provinciale per Bitonto, arrivati al largo della chiesetta Madonna della Rosa, si prosegue percorrendo la strada del Mino, quella sulla destra; dopo circa 6 km si arriva ai ruderi di questa torre. 

Descrizione:Alta 10 m, a due piani, costruita con conci squadrati rozzamente, a base irregolare: peccato che sia in decadimento ed in stato di totale abbandono. Il secondo piano è crollato e al piano terra alcune volte sono a crociera, altre a botte. I muri perimetrali presentano dei grandi buchi vuoti che lasciano supporre che ci fossero degli affacci esterni; i muri interni, divisionali, presentano alcuni stipiti. Nell'interno, in un angolo, vi è un grande focolare con accenno ad una cappa e in un vano una serie di nicchie, probabilmente mangiatoie. Di epoca incerta, forse XVI secolo, non le si può attribuire una precisa origine e collocazione, ma per l'assenza di elementi difensivi e per la presenza, accanto alla struttura principale, di un palmento per pigiare l'uva, si suppone che avesse avuto, piuttosto che una funzione difensiva, una funzione residenziale, saltuaria, ovviamente, e per motivi agricoli, come appoggio all'attività vinicola. 

Notizie storiche:Il nome "Alfiere", dipende dal fatto che il proprietario, Domenico Nisio, nella battaglia di Bitonto del 24.05.1734 per la successione del Regno di Napoli fu nominato alfiere. 

 

Torre Mino

Itinerario:Percorrendo la strada per Bitonto, si prosegue a destra al bivio della chiesa della Madonna della Rosa per circa 5 km, imboccando la strada del Mino. Raggiunta una curva, sul lato sinistro della strada si incontra un' edicola votiva; a circa 300 m da questa, sulla sinistra, vi è una stradina che conduce alla torre. 

Descrizione:Originariamente sorta come torre isolata, ora è circondata da un muro imponente, che delimita un giardino ed è affiancata da alcune camere di costruzione ottocentesca. A pochi metri dalla torre vi sono due grandi locali costruiti verso la fine del secolo sedicesimo, e adibita a stalle; quello a settentrione in seguito fu trasformato in vano cucina e in cappella nella seconda metà sell'ottocento. Questa, dedicata a San Michele Arcangelo, ha l'entrata di fronte al vile di accesso alla torre. Con il tempo l'interno è stato reso più confortevole e, tramite una scala in muratura della stessa epoca della torre, si raggiunge il tetto da dove si ammira un vasto panorama, dal momento che si erge a 150 m s. l.m.. 

Notizie storiche:Il nome sembra derivare dal latino "minor" che vuol dire "minacciare" (per il suo apsetto austero) o da una scultura di Mino da Fiesole che un tempo era lì. 

 

Torre Molinara

Itinerario:La strada più breve per raggiungere la Molinara è quella per Giovinazzo, poco dopo il molino-pastificio "Granspiga", sulla destra trovasi la strada dello "Scrifro". Passato il passaggio a livello ferroviario, poco dopo voltare a sinistra, trovasi la stradetta che porta direttamente alla Molinara. 

Descrizione: Essa trovasi in un folto uliveto, misto ad alberi da frutta; la torre è cilindrica, alta circa 8 m. e si accede da levante a mezzo di una porticina ogivale, sormontata da due gattoni sporgenti in fuori, che fanno pensare sorreggessero un tempo una saettiera. Il nome dato alla torre spiega la sua forma cilindrica e indica la sua funzione: doveva servire per molire il grano, coltivato nel nostro territorio. Al piano terra doveva esserci la mole di pietra, azionata da un paziente mulo bendato,che girava intorno; al piano superiore c'era la tramoggia per mezzo della quale il grano finiva sotto la mola ed era ridotto in farina. La contrada è olivetata con molti orti circondanti, poichè essa è una delle migliori del nostro territorio per bontà di prodotti. La stradetta è sassosa e ai lati vi sono cespugli di more, di smilaci, di nepta, di camomilla e di altri fiori secondo le stagioni. Al primo sguardo la torre non suggerisce una visione storica di ardimenti e di lotte, bensì distensiva di una vita primitiva, fatta di lavoro e di operosità. Essa fu concepita al solo scopo di molire il grano, perciò a noi non resta che costruire mentalmente la vita serena di quei tempi, in cui agricoltura, pesca e artigianato erano le componenti principali della società molfettese. 

Notizie storiche:Il nostro territori di circa 11.800 vigne, era coltivato ad ulivi ed a vigna e i terreni più fertili erano coltivati a grano. La sua produzione era sufficiente al febbisogno cittadino e, fatte le scorte per gli anni di carestie, il di più era venduto a Venezia, ad Ancona, a Ortanova, a Ragusa come l'olio e il vino. Il Capitolo Cattedrale e gli altri ordini religiosi possedevano complessivamente ben 5.700 vigne; come ebbe a sottollineare Ciro Saverio Minervini nelle relazione al governo Borbonico e confermato dal catasto Onciario del 1753. Quando con Giuseppe Bonaparte fu operata nel tavoliere l'abolizione della Dogana e iniziata la trasformazione agraria, la cultura cerealicola molfettese fu ridotta e la Molinara venne meno alla sua funzione originaria. 

 

 

Torre Navarino

Itinerario:Navarrino dista da Molfetta oltre 12 Km. e trovarsi al vertice dei territori di Molfetta,Bisceglie e Terlizzi. Si accede per la via del Granticiello (la via a sinistra dopo il macello); bitumata fino al passaggio a livello il resto è tutto a fondo ghiaioso. Si prosegue sempre in quel senso, passando dapprima per la macchia dei pozzi, poi per il trappeto di biancolino. Giunto al quadrivio con la via delle pariete nuove, i prosegue passando per il Fondo Favale e per la Piscina Stammita; si continua passando per le casine De Judicibus-Capocchiani e Gagliardi-Gadaleta, lasciando a destra la stradetta che porta a torre Pettine. Si passa per il Boscarello, lasciando a destra la strada che porta alla Piscina Rossa e a sinistra la casina di Felice Tavella. Si giunge così ad un quadrivio; imboccando a sinistra un'altra stradetta più angusta e malinconcia si perviene al largo spiazzo della Piscina delle lacrime, diruta e quasi soffocata da uno sgroviglio di sterpi, di more, di smilaci scintillanti al sole, di cardi selvatici. Non è raro scorgere qualche querciuolo, testimonianza dell'antico bosco che ha dato il toponimo alla contrada Voscarieddo. Sulla sinistra ecco apparire maestosa e truce nello stesso tempo il complesso di Navarino. 

Descrizione:Addossato alla Cappella dedicata a San Francesco di Paola è i corpo maggiore della costruzione, che comprende l'abitazione e un ampio androne (lamione) molto opacom che doveva servire alla stalla di buoi, poichè ci sono nicchie laterali per mangiatoie; all'ingresso c'è l'antico forno. Ancora più dietro due torri quadrate, unite fra loro da una cosrtuzione, che dà accesso ad un girdino cintato. le dua torri alte circa 10 m. a tre piani con affacci rotondi, quattro per ogni lato, fanno pensare fossero state costruite per vedette.Il complesso maggiore è rivolto a levante. dall'ingresso si accede ad un vano iputtosto scuro; di fronte alla porta d'ingresso trovasi la scala che immette al piano superiore. Sul muro della grande piscina è scolpito un grande Cristo. 

Notizie storiche:Il nome Navarino fa nascere tante supposizione, poichè verso Terlizzi quella zona viene detta maseria di Annamaria, verso Bisceglie di Navario e a Molfetta, nel cui territorio si trova, Navarino, forse a ricordo dei rapporti con l'Ellade vicina. In una notte piovosa di novembre, una notte direi di tregenda, sentì bussare al portone, chiedendo asilo. Erano quattro volgari ladri sotto mentite spoglie di pellegrini. Il frate dette ordine ai suoi fidati di dare ospitaliltà ai pellegrini. I quattro aggredirono nel sonno il frate, derubandolo di denari, argenteria e oro. Volevano togliergli anche l'anello pastorale, che per fortuna non riuscirono a sfilare e per cui gli volevano mozzare il dito; ma uno di essi li dissuase. Il giorno dopo, per mezzo di un corriere a cavallo, mandò una lettera al Re, denunciando l'accaduto. Il brigantaggio era favorito dalla mancanza di strade, per cui il potere della legge era nulo. I ladri ritornarono in una notte di apocalisse, invocando ospitalità. Il graduato li fece entrare, nmenandoli a viva forza nel vano sprofondato e facendoli sorvegliare dagli altri gendarmi. Poi l'Abbate lesse la lettera al Re, che l'autorizzava a erigere la forca; tre dei quattro ladroni, successivamente, furono impiccati a tre alberi d'ulivi, per cui quella macchia viene tuttora chiamata Macchia delle Forche. All'efferato scempio assistettero molti biscegliesi e molfettesi. 

 

Torre San Giacomo

Itinerario:Percorrendo la via di Bisceglie, dopo circa 1,5 km dal centro abitato, in prossimità di "Cala San Giacomo", si intravedono i ruderi della torre sul lato destro. 

Descrizione:La torre è sviluppata su un piano, per un'altezza di circa 8 m. La facciata principale è sovrastata da un grande arco; altre arcate più piccole (murate) sono ai lati. In alto sulla destra c'è uno strano fregio di non chiara utilità. 

Notizie storiche:La torre è probabilmente ciò che resta dell' antico ospedale di San Filippo e San Giacomo fondato nel 1143 dai monaci Benedettini. 

 

 Torre Sgamirra

Itinerario:Si va alla torre per via Terlizzi e per la seconda traversa di Santa Lucia; si passa il cavalcavia dell'autostrada Bari-Napoli e proseguendo per Lama Cupa, poco dopo della quarta traversa ecco torre Sgammirra. Si fanno poco meno di 5 km di strada, passando dinanzi a villini tuffati nel verde. Dall'alto del cavalcavia si abbraccia il panorama della nostra campagna uniforme, ma distensiva. Lo sguardo spazia fino alle prime ondulazioni della Murgia e a Castel del Monte. 

Descrizione:Torre Sgammirra s'innalza in un folto uliveto, diritta, ma semidiruta ricordando tempi lontani. Sembra costruita nel XIV sec; la parte ancora in piedi, un terzo dll'antico manufatto, è sormontata da un vistoso cornicione, sorretto da gattoni. Un solo lato si presenta intero e privo di finestre; tre affacci, su di un lato semidistrutto, fanno pensare che abbia avuto tre piani sopraelevati e un grosso gattone, rimasto in bilico, lascia pensare che abbia avuto una saettiera. All'interno si notano due grosse mensole in pietra, che dovevano reggere la cappa di un focolare. La torre è maestosa ne suo insieme; raggiunge 20 m. di altezza, è quadrata e massiccia, a poca distanza da torre Cicaloria e da Cascione. Alcuni attribuiscono il suo crollo ad un fatto d'armi, altri ad una scossa tellurgica, cosa più verosimile. 

Notizie storiche:Il nome dato alla torre, fa pensare a una famiglia estinta molfettese o terlizzese, poichè è vicina a detta città. Molte località campestri prendono nome da famiglie estinte come Cimalda, Spatula, Cascione, Coletta e Colletta secondo Francesco Samarelli, Isabella Maura, Goliola, Stammita. Il fatto d'armi, al quale alcuni alludono, sarebbe avvenuto durante la guerra fra Angioini e Ungheresi. Il 18 settembre 1345, strangolato ad Anversa Andrea d'Ungheria, marito di Giovanna I di Napoli, scoppiò la guerra, re Luigi venne nel Regno a vendicare suo fratello. I nobili si divisero in fazioni. Giovanna sposò il cugino Luigi di Taranto col quale fuggì in Provenza. I fratelli Pipino di Barletta, uomini senza scrupoli, misero a ferro e a fuoco Andria, Giovinazzo e Molfetta. La soldataglia assalì Molfetta, fedele agli Angioini con Trani, portando con sè gli oggetti sacri, le reliquie e gli ori del Duomo. Il terremoto, che si ritiene la causa vera del crollo, realmente avvenne la notte dell'11 maggio 1560,Sghemeddà in dialetto vuol dire cadere. Torre sghemeddate vuol dire caduta per il terremoto, donde Sgammirra. La torre precipitò solo sul lato destro e ciò fa ritenere accettabile la causa del terremoto; per azioni belliche non è possibile, poichè nel secolo XIV, non essendo stata scoperta la polvere pirica, non esistevano cannoni. La popolazione atterita prese il largo implorando soccorso dalla Madonna dei Martiri. All'altezza dell'attuale macello, apparve la Vergine con S. Corrado e S. Nicola e disse:"Tornate alle vostre case, tutto è finito". 

 

Torre Villafranca

Itinerario:Percorrendo la strada provinciale per Bitonto, giunti al largo della Madonna della Rosa, si prosegue a destra per contrada Mino e, dopo aver percorso quest'ultima per circa 5,5 km, nel tratto in cui si intravedono le rovine della torre Alfiere, si gira a destra per un viottolo che scende verso un avallamento fino alla torre Villafranca. 

Descrizione:Si pensa sia sorta dall'affrancamento del servi della gleba ed ha l'aspetto di una masseria fortificata tipo Navarino. La masseria fortificata è una palazzina a due piani a base quadrata e alta 8 m, con giardino, cappella e palmento; il tutto è posto al centro di una vasta area agricola. A piano terra vi sono due ingressi: il principale è sormontato da uno stemma; vi sono tre vani. Sul retro da un portone ci si immette in altri ambienti adibiti a depositi o stalle e, qui vi è un focolare. Da una scala esterna si accede al piano superiore, con 4 vani, ricco di affreschi. Esternamente vi è anche un giardino e una chiesetta ( di Santa Maria dell'Isola) con campaniletto a vela: ha una sola navata con volte a botte, vi sono tracce di stucchi sulle pareti; infondo alla parete di ponente vi è l'altare quasi distrutto. 

Notizie storiche:Il nome si pensa che derivi da un'iscrizione posta sull'ingresso principale che riporta "Villa Fraca". 

 

 Torre Villotta

Itinerario: Percorrendo la statale per Terlizzi si gira a sinistra all'uscita dell'autostrada Bari-Bologna proseguendo fino ad un incrocio. Poi si gira a destra, viaggiando sotto l'autostrada, poi a sinistra; dopo circa 300m si giunge in prossimità della torre. 

Descrizione: Probabilmente trae origine dal latino " villula " ma non è escluso che si tratti del termine " vedetta " trasformato in " vernacolo " in " vedotte " e sucessivamente italianizzato in " villotta ". Il complesso edilizio comprende la torre ed una costruzione formata da due cameroni centrali intercomunicanti, con grandi volte a botte, affiancati ad altri ambienti più stretti dello stesso schema costruttivo. In ognuno di questi vi sono, sulle pareti, dei grandi pozzi in pietra lavorata in forma semicircolare. Una piscina sopraelevata, con scala laterale di accesso al boccaporto, è incorporata nell'ala di destra. E' probabile che parte dei pozzi e delle piscine fosse adibita a raccoglire l'olio, e che i grandi cameroni fossero la sede del frantoio. Nelle pareti laterali degli stanzoni vi sono grandi nicchie di non chiara destinazione. Dal terrapieno, alto circa 5 m, si raggiunge la torre per mezzo di un ponticello in pietra. Questa è la parte superstite più antica del complesso ( è difficile stabilire se ls costruzioni annasse abbiano la medesima antichità ). L'ingresso principale è però a piano terra, mediante una porticina sormontata da un archetto, simile in tutto a quello della finestra sovrastante. Nei dintorni sorgeva il casale di Santa Lucia, il più maestoso ed importante di quella zona. Il complesso, nel suo insieme, fa pensare ad una residenza stabile, a un villaggio popolato da parecchia gente o ad un accampamento militare; si pensa che inoltre sia servito come soggiorno di truppe crociate in attesa d'imbarco. ( si suole che vi abbia sostato Boemendo in partenza per la prima Crociata ). Durante il " Sacco " del 1529 accolse una parte della popolazione che fuggiva dalla città. Da un attento esame la torre sembra essere divisa in 3 parti, con pietre di diverso tipo: Quella centrale è caratterizzata da una serie di fessure. 

Notizie storiche: La costruzione di Torre Villotta, è una delle più antiche strutture giunte fino ai nostri giorni; questa veniva usata dall'Università di Molfetta, come deposito per munizioni ed artiglieria. Oggi la torre è proprietà dei de Lucia da almeno 1 sec. 

 

Torre Zappino

Itinerario:Percorrere via delle Coppe, quindi imboccare via Spinaruta e dopo circa 2 km si intravede la torre. 

Descrizione:Il complesso è costituito da un casale mediavale con campaniletto a vela, una chiesetta in stile romanico e una torre situata a poca distanza e raggiungibile tramite una stradina adiacente. Un recinto murario circonda la torre separandola dalla strada. Nel casale si venera tuttora una madonna dal colorito bruno apportatrice di piogge e salubrità ai campi, la cui festa cade la prima domenica dopo Pasqua. infatti quel luogo è anche detto Madonna di Zappino.

 Notizie storiche:Il nome deriva dall'omonima contrada su cui si erge. 

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